21/06/07

Amalfi

Ombrelloni
Ombrelloni, inserito originariamente da Dous2007.


“Angelo, c’è una coppia abusiva là” dice uno dei ragazzi che gestiscono la piccola concessione sulla spiaggia libera rivolgendosi ad un altro ragazzo tra gli ombrelloni.
E poi ancora: “Va bè, lasciali stare !”.
Il bimbo sul lettino è assorto nel suo disegnino coi colori ad alcool e non mi ascolta quando gli chiedo il suo nome.
“Michele, si chiama Michele” risponde la madre, lì a fianco.
La sorellina, tutta sua madre, disegna una casa colorata. E’ molto precisa a differenza di lui, che sembra più fantasioso.
“Sei proprio un artista!” gli dico quanto incrocia il mio sguardo.
Ma ecco che piomba una pallonata su di una signora seduta al nostro fianco e la colpisce in pieno viso.
La figliola la guarda preoccupata. L’esecutore del tiro è un bambino di circa sei anni che chiede scusa in maniera automatica per continuare poi a fare dei palleggi col padre sulla battigia, fatta di sassolini e di sabbia scura, qui ad Amalfi.
Fa caldo, c’è afa questo pomeriggio.
Scesi in paese abbiamo noleggiato due brandine e dopo pochi minuti già nuotavo.
Pesci, tanti, vengono anche vicini. L’acqua è fresca e raggiungo presto la fila dei galleggianti ad una cinquantina di metri dalla riva.
Da qui il paese mi si presenta in tutta la sua semplice maestà.
Scatto mentalmente una fotografia.
Osservo i colori chiari delle case davanti alla marina, quelli gialli all’interno del borgo, quelli davanti alla cattedrale con il campanile con una cupola in cima. Si intravede una facciata con degli affreschi dorati.
Sul paese dominano dei monti che lo abbracciano, lo proteggono.
Andrea, l’autista del relais che ci ha accompagnato giù in paese, scendendo da Lone, un antico borgo in cima alla costa, mi ha detto che sono i monti Lattari, ma che loro dicono “sopra u’ sciùm”, cioè “sopra il fiume”.
Poetico.
Tornato a riva vedo Angelo, il bagnino, che viene verso di noi con un tavolino che ci pone davanti. Sopra c’è la pizza che gli avevo chiesto.
La mangiamo in poco tempo e poi, quando torna, ci porta anche due ottimi caffè.
Gli chiedo del paese, dei suoi colori.
Mi mostra la chiesina di San Benedetto gialla, parzialmente ristrutturata, con un campanile scrostato. Poi il cimitero, su in alto.
Mi dice che il duomo è dedicato a Sant’Andrea, il patrono di Amalfi.
“Qui”, dice, “si chiamano tutti Andrea”.
“Meno che te” gli dico io.
Finiamo di bere il caffè assieme. Poi un urlo lo richiama al suo ufficio.
Che afa c’è oggi. I raggi del sole moltiplicano il calore quando ci colgono.
Più tardi il vento finalmente cambia e si comincia a respirare. Delle nuvole girano attorno al monte e coprono il sole.
Dei ragazzi sulla battigia si tirano la sabbia. Si odono grida dialettali risuonare nel pomeriggio addormentato.
Mi rinfresco con l’acqua di mare, mi tuffo, faccio qualche bracciata, poi il “morto a galla”.
Sono di nuovo vicino alla linea dei galleggianti e riprendo il colloquio col paese distante che mi guarda.
Il cimitero si staglia sulle case, in alto. Qua e là qualche piccola casupola tra le rocce ed il verde. Non si capisce il percorso delle strade, non c’è un disegno preciso ma quasi un continuare le forme della natura. Case che nascono l’una sopra l’altra, unite indissolubilmente.
Un colore le unisce, delle ombre le dividono.
Balconi che si ergono su nicchie ad arco.
File di panni stesi ad asciugare che colorano di allegria i vicoli.
Qualche tenda a righe che copre un locale. Sul lampione davanti al belvedere della marina dei piccioni annoiati covano silenziosi in attesa che la calura passi.
Mentre torno a riva il rumore dei ragazzi mi distoglie.
Sono magri, alti e spiccano i loro muscoli lucidi. Portano quei costumi a pantaloncino variopinti e si fermano ora per osservare ammiccanti qualche bella bagnante in topless.
Qualche turista americano, una coppia gay che prende il sole.
Comincia a far fresco.
Sono tornato sulla brandina dopo aver fatto una doccia rinfrescante e riprendo a scrivere sul mio taccuino.
Dei piccioni si assembrano sotto di me sulla sabbia in cerca di qualche briciola.
A loro resta l’avanzo di questa giornata.
A noi il presente di questi momenti, poi il loro ricordo, finchè ci sarà, ed infine qualche foto e questa poesia, che dedico a te, Amalfi.

Voglio scrivere di te, di come occupi questi momenti, delle tue case, dei tuoi colori.
Voglio descrivere i tuoi tetti sin dove si nascondono e diventano roccia.
Voglio colorare le pagine di questa agenda coi rumori di questa spiaggia, cogli odori delle barche del vicino porto.
Voglio disegnare la carezza del sole sulla pelle, il colore e il respiro del mare che ci guarda e che protegge i bimbi che giocano nelle sue acque.
Voglio percepire l’essenza nascosta di un momento quasi infinito, per potertelo raccontare quando ti vedrò sveglia, quando aprirai gli occhi e guardandomi mi chiederai se hai dormito tanto.

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