26/06/07
Scritte sulla sabbia
giving thanks , Inserito originariamente da TheAlieness Gisela Giardino
Racconti teneri dalla fantasia di un ricordo
sorgono dalla fontana inesauribile della memoria.
Istanti che ho vissuto, che ho percepito
unici attorno a me e che voglio rivivere
raccolti sotto i miei occhi ed offerti ai tuoi.
Un dubbio di aver dimenticato qualcosa di necessario,
qualcosa che sottrae importanza a questi versi,
scritti di slancio ma pur sempre frutto di un esercizio,
questo del descrivere i confini delle cose,
i loro colori nell'attimo in cui si svelano a me.
Ed allora finisce questo arcobaleno e s'alza al sole una certezza,
quella di essere come quel ragazzo
che gioca con la sabbia e scrive segni
che la prossima onda ricoprirà per sempre.
21/06/07
Amalfi
Ombrelloni, inserito originariamente da Dous2007.
“Angelo, c’è una coppia abusiva là” dice uno dei ragazzi che gestiscono la piccola concessione sulla spiaggia libera rivolgendosi ad un altro ragazzo tra gli ombrelloni.
E poi ancora: “Va bè, lasciali stare !”.
Il bimbo sul lettino è assorto nel suo disegnino coi colori ad alcool e non mi ascolta quando gli chiedo il suo nome.
“Michele, si chiama Michele” risponde la madre, lì a fianco.
La sorellina, tutta sua madre, disegna una casa colorata. E’ molto precisa a differenza di lui, che sembra più fantasioso.
“Sei proprio un artista!” gli dico quanto incrocia il mio sguardo.
Ma ecco che piomba una pallonata su di una signora seduta al nostro fianco e la colpisce in pieno viso.
La figliola la guarda preoccupata. L’esecutore del tiro è un bambino di circa sei anni che chiede scusa in maniera automatica per continuare poi a fare dei palleggi col padre sulla battigia, fatta di sassolini e di sabbia scura, qui ad Amalfi.
Fa caldo, c’è afa questo pomeriggio.
Scesi in paese abbiamo noleggiato due brandine e dopo pochi minuti già nuotavo.
Pesci, tanti, vengono anche vicini. L’acqua è fresca e raggiungo presto la fila dei galleggianti ad una cinquantina di metri dalla riva.
Da qui il paese mi si presenta in tutta la sua semplice maestà.
Scatto mentalmente una fotografia.
Osservo i colori chiari delle case davanti alla marina, quelli gialli all’interno del borgo, quelli davanti alla cattedrale con il campanile con una cupola in cima. Si intravede una facciata con degli affreschi dorati.
Sul paese dominano dei monti che lo abbracciano, lo proteggono.
Andrea, l’autista del relais che ci ha accompagnato giù in paese, scendendo da Lone, un antico borgo in cima alla costa, mi ha detto che sono i monti Lattari, ma che loro dicono “sopra u’ sciùm”, cioè “sopra il fiume”.
Poetico.
Tornato a riva vedo Angelo, il bagnino, che viene verso di noi con un tavolino che ci pone davanti. Sopra c’è la pizza che gli avevo chiesto.
La mangiamo in poco tempo e poi, quando torna, ci porta anche due ottimi caffè.
Gli chiedo del paese, dei suoi colori.
Mi mostra la chiesina di San Benedetto gialla, parzialmente ristrutturata, con un campanile scrostato. Poi il cimitero, su in alto.
Mi dice che il duomo è dedicato a Sant’Andrea, il patrono di Amalfi.
“Qui”, dice, “si chiamano tutti Andrea”.
“Meno che te” gli dico io.
Finiamo di bere il caffè assieme. Poi un urlo lo richiama al suo ufficio.
Che afa c’è oggi. I raggi del sole moltiplicano il calore quando ci colgono.
Più tardi il vento finalmente cambia e si comincia a respirare. Delle nuvole girano attorno al monte e coprono il sole.
Dei ragazzi sulla battigia si tirano la sabbia. Si odono grida dialettali risuonare nel pomeriggio addormentato.
Mi rinfresco con l’acqua di mare, mi tuffo, faccio qualche bracciata, poi il “morto a galla”.
Sono di nuovo vicino alla linea dei galleggianti e riprendo il colloquio col paese distante che mi guarda.
Il cimitero si staglia sulle case, in alto. Qua e là qualche piccola casupola tra le rocce ed il verde. Non si capisce il percorso delle strade, non c’è un disegno preciso ma quasi un continuare le forme della natura. Case che nascono l’una sopra l’altra, unite indissolubilmente.
Un colore le unisce, delle ombre le dividono.
Balconi che si ergono su nicchie ad arco.
File di panni stesi ad asciugare che colorano di allegria i vicoli.
Qualche tenda a righe che copre un locale. Sul lampione davanti al belvedere della marina dei piccioni annoiati covano silenziosi in attesa che la calura passi.
Mentre torno a riva il rumore dei ragazzi mi distoglie.
Sono magri, alti e spiccano i loro muscoli lucidi. Portano quei costumi a pantaloncino variopinti e si fermano ora per osservare ammiccanti qualche bella bagnante in topless.
Qualche turista americano, una coppia gay che prende il sole.
Comincia a far fresco.
Sono tornato sulla brandina dopo aver fatto una doccia rinfrescante e riprendo a scrivere sul mio taccuino.
Dei piccioni si assembrano sotto di me sulla sabbia in cerca di qualche briciola.
A loro resta l’avanzo di questa giornata.
A noi il presente di questi momenti, poi il loro ricordo, finchè ci sarà, ed infine qualche foto e questa poesia, che dedico a te, Amalfi.
Voglio scrivere di te, di come occupi questi momenti, delle tue case, dei tuoi colori.
Voglio descrivere i tuoi tetti sin dove si nascondono e diventano roccia.
Voglio colorare le pagine di questa agenda coi rumori di questa spiaggia, cogli odori delle barche del vicino porto.
Voglio disegnare la carezza del sole sulla pelle, il colore e il respiro del mare che ci guarda e che protegge i bimbi che giocano nelle sue acque.
Voglio percepire l’essenza nascosta di un momento quasi infinito, per potertelo raccontare quando ti vedrò sveglia, quando aprirai gli occhi e guardandomi mi chiederai se hai dormito tanto.
18/06/07
14/06/07
Valigie
The Motorway - L'autostrada inserito originariamente da A.Guandalini
Torniamo a casa che Roma è stanca,
dopo un giovedì afoso di giugno.
La casa soffoca e spalanchi le finestre,
mentre mi spoglio e prepari la cena.
Fuori al balcone c'è fresco, e lì metto le sedie,
col tavolino e i bicchieri.
Mi verso da bere. Mi affaccio e respiro.
Sei qua coi piatti fumanti, mangiamo.
Una fresca serata si prepara.
Qualcosa vola in aria e tu guardi.
Tiro giù la valigia e mi vola un pacco sul naso.
Odio scegliere cosa ci metterò.
Resta sempre qualcosa, di cui abbiamo fatto a meno e di cui avremo bisogno.
Ma quando siamo già ad un miglio da casa allora ci scopriamo felici.
Felici di viaggiare, come fosse la prima volta.
Dignità e orgoglio
Sei madre, sorella, figlia,
cugina, zia, regina,
padrona, consorte, matrigna,
vicina di casa, conoscente, amica,
quale veste indossi ?
quale grandezza ?
13/06/07
Fratelli d'Italia
arabo, hindi, albanese, romeno,
spagnolo, polacco, bosniaco e francese ?
Ti sei guardato allo specchio ed hai visto una pelle scura,
giallastra, olivastra, degli occhi tagliati a mandorla,
scuri e spalancati dalla fame ?
Hai visto che denti lunghi, che sorriso aperto,
che capelli sporchi, ricci, spettinati,
che vestiti logori,
che mani callose, che unghia sporche e lunghe ?
Hai visto storpi, claudicanti, bambini affamati
in grembo a madri improbabili ?
Hai chiesto a te stesso quante persone sei diventato,
Tu italiano ?
10/06/07
Ambulante
Floating, inserito originariamente da Dous^_^
Sabato. Poca gente in spiaggia questa mattina di giugno sul litorale laziale. Poca gente che cammina lungo la battigia e che contempla il mare. Ma non tutti. Non tutti hanno tempo per dedicarsi al riposo. Mille formiche variopinte percorrono incessantemente l’arenile quasi a caccia di cibo. Mille venditori ambulanti si avvicendano per i vari stabilimenti balneari, perlustrando ogni gruppo di bagnanti, studiando centimetro per centimetro le possibilità di piazzare uno dei loro oggetti, quasi studiando il momento adatto o la persona che potrà dar loro retta. E le merci sono diventate molto varie. Un figlio e sua madre portano oggetti in legno in giro per la spiaggia. Lei con una lunga giraffa in legno colorato e lui con un paio di archi, con due faretre di legno riempite di freccie legate tra loro. Camminano in cerca di qualcuno interessato. Difficile pensarlo. Sono indiani.
Poi un ragazzo marocchino che offre degli occhiali. Usa un cartone avvolto da un lenzuolo bianco in cui ha praticato una comoda maniglia che usa per sostenere quel negozio ambulante.
Ha fissato gli occhiali all’esterno e mentre cammina mostra la sua merce. Pratico.
Con l’altra mano porta dei cappelli sportivi con visiera, uno lo tiene sulla testa. Come molti altri venditori ambulanti.
Ore sotto il sole richiedono una protezione. Il cappello è come una divisa per alcuni di loro.
Di tutto ciò che li contraddistingue il cappello viene prima, la prima cosa che si vede, e deve essere colorato. Deve dare un segnale.
Deve dire: “Hei, sono qua per te, prestami un minuto del tuo tempo”.
E soprattutto: “pagami un prezzo dignitoso, che mi consenta di tirare avanti e non prendermi in giro!”.
Li osservo e comincio a notare le loro differenze, i loro modi.
Lo zaino. Tutti hanno uno zaino, almeno quelli che non usano quei grandi teli carichi di merce, di vestiti colorati, che trasportano sulla schiena e poi scaricano sulla sabbia per poi trascinarli lungo la battigia per chilometri.
Poi si fermano e creano un mercatino improvvisato per le oziose signore che si avvicinano attirate dalla curiosità.
Sono pronti a riprendere il contenuto velocemente, quando c’è un pericolo, quando c’è qualcuno o qualcosa che non li convince.
L’attaccapanni adattato è un classico.
Qualcuno aggiunge direttamente i vestiti su attaccapanni professionali, che trasporta poi sollevandoli con la forza delle spalle. Chilometri lungo la costa, zig zag tra gli ombrelloni ed i lettini, ma soprattutto lungo la battigia.
Ne ho visto uno che poggiava su due ruote a mò di carretto dei gelati, con due comodi ombrelloni, per garantirsi un po’ d’ombra.
Gli occhi pronti a cogliere uno sguardo, un richiamo, una curiosità. Quel momento buono per attaccare bottone con qualcuno che prende il sole.
Occhi giù, nessuno commento, chi non vuole comprare basta che non risponda, che si mantenga indifferente. Indifferenza pagata a costo di qualche rimorso per un minimo di considerazione, di umanità.
I ragazzi di colore sono tra i pochi che non portano il cappello. E’ chiaro, sono abituati a ben altro. Molti portano dei jeans e scarpe sportive, magliette scure. Portano borse con una mano, borsette per signore sull’altra. Sorridono poco. Non passa facilmente la giornata.
I più sorridenti portano articoli più adatti alla spiaggia, più commerciali. Cd musicali, occhiali, orologi. Vendono di più ma sono più tartassati dai controlli. Portano cappelli ed occhiali più accattivanti. Si muovono più tatticamente per la spiaggia, a suon di musica, quasi.
Alcuni sono decisamente simpatici e ben curati. Hanno una vera arte nel camminare sulla spiaggia sorridendo a tutti e muovendo le spalle mimando un motivo, una mossa. Ma a volte incrociano uno sguardo duro e indifferente e cambiano aria.
Altri mirano ad un target ben preciso di cliente, poche parole quasi sussurrate. Qualche frase ad effetto, una parola in codice che richiama un marchio, un cantante, una moda.
Si sa che poi la qualità non è poi quella sperata, quella proposta. Ma siamo a volte affascinati dal contenitore e non dal contenuto.
Gli strilloni.
Percorrono la battigia trasportando carretti con del ghiaccio dentro e tanti succhi sul pianale, quasi un bar dove preparano con maestria quella grattachecca che ti farà dissetare, che ti darà mezz’ora di frescura.
Urlano o più spesso suonano un fischietto, un campanello. A volte sono fastidiosi perché ti svegliano mentre dormi disteso sul lettino, ma a volte ti fanno piacere perché sono a portata di mano.
Rompono la calma della spiaggia, colorano questi momenti.
Erano italiani, ora pare stia cambiando la loro nazionalità.
Così anche per quelli che vendono noci di cocco, un tempo napoletani. Si va da chi trasporta il classico secchio pieno d’acqua e cocco tagliato a pezzi, a qualcuno che trasporta una carriola adattata a negozio di frutta ambulante, con una vena di gusto tropicale che non fa mai male e che soprattutto cattura la fantasia dei clienti.
I maghrebini portano asciugamani, teli da mare coloratissimi. La tecnica è quella di tenerli bene aperti per mostrare il colore vivo ed attirare l’attenzione con movimenti di braccia quasi da matador. Mostrano i muscoli delle loro braccia e i sorrisi perfetti, i denti bianchissimi.
Gli indiani che si aggirano sono spesso più anziani e coperti. Vestono di grigio e di scuro, si coprono abbastanza, pantaloni larghi, cappello con visiera, giacca con tasche o gilet sportivo e camicia scura. Hanno occhi scuri, a volte stanchi, spenti.
I ragazzi arabi sono più allegri, vestono più leggeri, con pantaloncini a mezza gamba, colori a volte sgargianti. Se non fosse per la merce li scambieresti per dei bagnanti.
Forse hanno una tecnica vincente, sono da più tempo nel mercato, sono dei “vucumprà” patentati.
Si contendono questo primato con alcuni senegalesi che si muovono tra questi lidi come fossero a casa loro, come noi fossimo nel loro negozio.
Ma credo che i maghrebini siano stati tra i primi.
Sono discreti, sorridono, sanno che non hai voglia di comprare ma anche che il loro sorriso potrà farti cambiare idea.
Molti si fermano a parlare con te del loro Maghreb, che non tramonta mai. Ti ricordano un viaggio nella loro Africa.
Tempi difficili per il mondo arabo. Difficile affrontare argomenti in maniera serena.
Difficile dimenticare che c’è una guerra.
I cinesi.
Sono più piccoli, vestiti di chiaro, odiano il sole. Portano cappellini ed occhiali da sole.
Tre categorie: massaggiatrici di "tui-na" vestite di bianco con cappello bianco, velo sul collo ed occhiali da sole, venditori di aquiloni e venditori di piccoli articoli elettrici, inutili o utilissimi.
Ti aspetti prezzi stracciatissimi da loro. Sorridono sempre, o quasi.
Di tutti convince insomma il sorriso, lo sguardo, anzi la capacità di mantenerlo davanti a clienti così svogliati, scocciati, spenti.
Quelli siamo noi, che abbiamo dimenticato la bellezza di un sorriso, offerto senza chiedere nulla in cambio, solo quel po’ di considerazione.
08/06/07
Pausa
Rafael's Hand #1, by Diego Sierralta
Segni che porti dentro di te,
segni che vedo sulle tue mani,
Gli occhi mi fissano.
Sei silenzioso,
respiri piano
e con le spalle tiri su il tuo corpo
Stai lì al lato della strada,
non mi chiedi nulla,
Stai aspettando altro
un'altra vita, un'altra possibilità.
Verde !
07/06/07
Amicizia
il tuo lavoro,
Hai sempre dato tutto,
per primo il tuo sorriso.
Sei stato padre e madre,
ma resti amico.
I tuoi 50 anni li ho ascoltati da lontano,
avevano la felicità mista al sereno,
sapevano di grande semplicità,
Leggerezza
La leggerezza mostra la nostra anima che vola.
L'allegria mostra il nostro spirito che gioca.
Il sorriso mostra il nostro cuore che arde.
L'amore mostra come siamo davvero.
Lightness
The lightness shows our soul wich Flying.
The cheerfulness shows our spirit wich Playing.
The smile shows our heart wich Burning.
The Love really shows how we are.
Sospiri
senza sbarre,
confini,
nazioni,
lingue,
ostacoli,
barriere.
Immagina il sospiro dell'universo
in un solo istante,
l'acqua della terra in un solo fiume,
l'aria di un vento volare insieme al polline di tutti i fiori
ed alle farfalle più belle.
Immagina un amore mai sentito,
che ti trasporta lontano in un luogo mai visto, nè sentito,
con una musica celeste.
Immagina un mondo senza carceri nè pene,
senza boia nè crimini, senza odio nè litigio,
senza la condanna che stai aspettando.
Immagina che le tue sofferenze siano finite.
Immagina che sei libero.
Orizzonti
Verde intenso e profumato sotto i nostri occhi.
Sono tante le cose che potremmo raggiungere,
ma tante quelle che abbiamo già.
Campi di grano ai nostri piedi e distese verdi
a portata di mano.
Eroi di creta
Foto by AnomalousNYC
Portano bandiere uguali, logore e imbrattate di sangue.
Parlano ad alta voce ma non riescono a farsi capire.
Tutto intorno sgomento e paura.
Caos.
Aurora
Tu mi volti le spalle e sogni,
Mi alzo ma mi accorgo d'essere stanco.
Vago per la casa e sento il fresco dell'aurora.
Ripenso a ieri e all'amore.
Torno.
Sei lì che mi aspetti e mi guardi.
Amore.
Profondità
Parlami di te, del mondo da cui provieni.
Dimmi delle cose che hanno per te valore.
Fanne una mia ragione di essere.
Insegnami a parlare la tua lingua, mostrami l'arte dei tuoi padri.
Ti farò regina dei miei pensieri.
Angelo triste
Ti ho incontrato un giorno ed eri triste,
non ti ho chiesto perchè ma sentivo il tuo silenzio.
Ti ho rivisto ancora per un attimo
e di nuovo il rumore del silenzio era assordante.
Poi ho capito e la luce nei tuoi occhi è ritornata.
Ti sei alzato in volo e mi hai riportato la pace.
04/06/07
Fiume nascosto
Scrivere fuori il nostro essere
è lasciar fluire questo grande fiume che ci ha generato
e vuol tornare da dove è venuto.
Leggere è ascoltare il fiume nascosto in ogni frase
e attingerne la forza per far vivere i nostri cuori.
Hidden river
Writing out our being,
it's let it flowing this great river that has generated us
and it wants to go back where he came from.
Reading is listen to the hidden river in every sentence
and draw the strength to let living our hearts.
02/06/07
Embera Katiòs
Un lungo viaggio.
Dalla fattoria dove ti hanno comprato, mentre mangiavi tranquilla assieme agli altri animali.
Ti hanno scelto, caricato su un camion assieme ad altre bestie e ti hanno trasportato lontano.
Hai attraversato la foresta amazzonica su sentieri difficili.
Pietre al posto della terra.
Hai dovuto guadare diversi fiumi impetuosi ed eri riluttante, sì, avevi paura.
Le acque fredde e veloci ti intimorivano. La paura ti bloccava le zampe.
Ti hanno spinto, tirato finchè sei salita su quelle rive sconosciute.
I tuoi zoccoli hanno affondato nella riva, su quell’ultima ansa di questo fiume lontano.
Poi hai visto quei bimbi e ti sei calmata.
Ti hanno portato al villaggio ed hanno benedetto il tuo arrivo.
Ora la tua casa è qui e sei importante, sei la regina di questo popolo misterioso.
Ora dai il tuo latte ai bambini del villaggio.
Dai loro una speranza di vita, un conforto.
Passerai la tua vita qui e, quando sarai troppo vecchia offrirai allora l’estremo sacrificio delle tue carni.
Il sacrificio di chi da lontano ha permesso il tuo acquisto sarà comunque meritato.
Il dono per questo popolo bambino così lontano.
P.S. Fundacion Embera Katiòs Colombia: “Donazioni per acquisto bestiame alle comunità indigene e per sostegno scolastico”